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Il licenziamento per giusta causa e le conseguenze per il datore di lavoro

Cosa deve fare un datore di lavoro che licenzia in tronco il proprio dipendente? Quali sono le conseguenze di un licenziamento per giusta causa?

L’ordinamento italiano in tema di lavoro e licenziamento prevede due tipologie di licenziamento disciplinare, quello cioè comminato in seguito a una grave e significativa condotta del dipendente. 

Il contratto di lavoro subordinato pone in capo al dipendente il dovere a svolgere la mansione oggetto del negozio stesso e a rispettare gli obblighi di diligenza e lealtà. Esiste poi un indispensabile “vincolo fiduciario” tra datore e dipendente che, pur non essendo sancito normativamente è insito nel contratto stesso. Ne consegue che, quando una condotta del dipendente, il vincolo fiduciario viene minato il datore può perdere interesse alla prestazione lavorativa e procedere al licenziamento. 

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo può essere adottato dal datore di lavoro per condotte non particolarmente gravi che però incrinano il rapporto fiduciario e attraverso le quali il dipendente non rispetta gli obblighi previsti dal contratto. Lo scarso rendimento, i reiterati ritardi o assenze ingiustificate possono portare a questo tipo di licenziamento. 

Nei casi di condotta particolarmente grave del dipendente si può invece procedere al licenziamento per giusta causa, il cosiddetto “licenziamento in tronco” che viene comminato senza bisogno di preavviso da parte del datore di lavoro e che interrompe immediatamente il rapporto di lavoro. 

I due tipi di licenziamento si differenziano in particolare per le modalità. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo il datore è obbligato a comunicare il provvedimento con un certo preavviso sancito dalla legge e mediante comunicazione scritta e il dipendente può opporsi entro un certo termine presentando una comunicazione difensiva. Una differenza significativa risiede nel fatto che il licenziamento per giusta causa non prevede indennizzo di preavviso né di licenziamento a favore del dipendente. 

Il licenziamento per giusta causa: normativa 

Il licenziamento per giusta causa viene comminato nel caso in cui il dipendente si renda responsabile di condotte particolarmente gravi come il furto in azienda, la divulgazione di segreti aziendali, la concorrenza sleale, la grave insubordinazione nei confronti dei superiori gerarchici, l’appropriazione indebita, l’abuso o la falsificazione dei permessi solo per citare alcuni esempi. 

La disciplina del licenziamento per giusta causa è contenuta nell’art. 2119 del codice civile secondo il quale “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto pima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”.

La giurisprudenza è intervenuta più volte per chiarire che la giusta causa si manifesta ogniqualvolta la condotta del dipendente è così grave che qualsiasi altra sanzione risulta insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro e anche per condotte tenute dal dipendente al di fuori del posto di lavoro (Cass. n.11516/03 e n.244/89).

Gli obblighi e le conseguenze per il datore di lavoro nel licenziamento per giusta causa

Il datore che voglia procedere al licenziamento per giusta causa dovrà rispettare alcune procedure a pena di nullità e illegittimità del provvedimento. 

Innanzitutto, il licenziamento deve essere comunicato per iscritto. Qualsiasi forma di licenziamento verbale o comunque diverso da quello in forma scritta rende illegittimo il provvedimento

La comunicazione, la cosiddetta lettera di licenziamento deve indicare il luogo e la data, le informazioni sul dipendente, le informazioni sull’azienda, l’intenzione di procedere con il licenziamento per giusta causa e le motivazioni di questo provvedimento, l’indicazione che annuncia l’assenza di preavviso, la firma del datore e il timbro aziendale.

La lettera così redatta deve essere consegnata al dipendente che deve controfirmarla. Successivamente il dipendente avrà la possibilità di contestare in sede giudiziale il provvedimento. 

Qualora il datore di lavoro abbia rispettato la forma scritta della comunicazione e abbia indicato validi motivi per il licenziamento il rapporto si interromperà. Nel caso in cui vi sia stato un vizio nella redazione della lettera o nella comunicazione del provvedimento il datore di lavoro si espone all’impugnazione e potrebbe andare incontro al pagamento di un’indennità risarcitoria a favore del lavoratore licenziato. 

Quanto costa al datore di lavoro licenziare un dipendente?

A partire dal 2013 il legislatore ha introdotto nell’ordinamento e nella disciplina dei rapporti di lavoro il cosiddetto “ticket Naspi”, un contributo da versare allo Stato per finanziare l’assegno di disoccupazione che l’Inps eroga ai lavoratori che perdono il proprio posto, per qualsiasi motivo.

Nel caso di licenziamento individuale il ticket è pari al 41% del massimale mensile Naspi per ogni 12 mesi di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore negli ultimi tre anni oppure da rideterminare proporzionalmente al numero di mesi lavorati per i rapporti che durano meno di 12 mesi. 

Nel 2023 il massimale Naspi ammonta a 1.470,99 euro. Il ticket Naspi costa ammonta a 603,11 euro per ogni anno di servizio e fino a un massimo di 1.809,33 euro. 

Riferimenti normativi

Art. 2119 c.c.

Cass. n.11516/03 

Cass. n.244/89)

L. 300/1970

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