Un lavoratore licenziato per gravi motivi disciplinari ha diritto ai sussidi di disoccupazione previsti dalla legge?
Il dipendente di un’azienda può perdere il lavoro a seguito del licenziamento da parte del proprio datore. Il licenziamento si distingue sostanzialmente in base ai motivi che stanno all’origine di questo provvedimento e che motivano il datore di lavoro a privarsi della prestazione del dipendente. Nel nostro ordinamento sono previsti il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (crisi o riorganizzazione aziendale, fallimento, sopravvenuta inidoneità fisica), per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo.
Il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo sono tipi di licenziamento disciplinare, motivati cioè da una condotta, più o meno grave, del lavoratore. Per dare luogo a un licenziamento disciplinare il comportamento deve essere illecito, deve quindi costituire un inadempimento significativo degli obblighi contrattuali che il lavoratore ha accettato e sottoscritto con la firma del contratto di lavoro subordinato.
La differenza tra i due licenziamenti di tipo disciplinare si basa sulla gravità della condotta tenuta dal dipendente e dal fatto che questa condotta renda o meno proseguibile, anche solo di poco, il rapporto di lavoro. Le due tipologie differiscono inoltre per modalità, tempistiche e conseguenze.
Nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo la condotta sanzionata deve essere rilevante e costituire un inadempimento ai doveri contrattuali che non sia però così grave da determinare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro. Sono, ad esempio, casi di giustificato motivo soggettivo le assenze ingiustificate da lavoro, il mancato rispetto delle direttive di un superiore, la falsificazione di dati o documenti aziendali.
Qualora la condotta sia particolarmente grave da ledere l’interesse del datore di lavoro, costituire un significativo inadempimento contrattuale e rendere impossibile la continuazione, anche per poco tempo, dell’attività lavorativa del dipendente si parla di giusta causa. In questo caso il datore di lavoro può licenziare il lavoratore senza preavviso – o come suol dirsi “in tronco” – e non è tenuto a corrispondere un’indennità.
Il diritto del lavoro in Italia prevede che il lavoratore che viene a trovarsi disoccupato venga sostenuto, dal punto di vista reddituale, per un determinato periodo di tempo utile a trovare una nuova occupazione.
Perdere il proprio posto di lavoro è un evento grave e traumatico che può determinare conseguenze rilevanti per il lavoratore. Questi viene infatti improvvisamente a trovarsi privato di un reddito e nella necessità di trovare al più presto un’occupazione.
Per questo motivo il legislatore italiano ha, nella sua disciplina giuslavoristica, previsto da sempre forme di sostegno al reddito per i lavoratori disoccupati, al fine di accompagnarli e di garantire una continuità retributiva per la durata del periodo di disoccupazione o secondo i tempi previsti dalla legge.
Con il decreto legislativo 4 marzo 2015, n.22 è stata introdotta nel nostro ordinamento la Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) che ha sostituito le precedenti tipologie di sussidio di disoccupazione, Aspi e MiniAspi.
La Naspi è riservata esclusivamente ai lavoratori dipendenti (assunti con contratto a tempo determinato o indeterminato) del settore privato e ne ha diritto soltanto il lavoratore la cui situazione rispetta i seguenti requisiti:
Possono inoltre accedere alla Naspi i lavoratori che hanno presentato le dimissioni per giusta causa (cioè per gravi inadempienze da parte del datore di lavoro che rendano al lavoratore impossibile continuare a garantire la propria prestazione: ad esempio il mancato versamento degli stipendi, le molestie, il mobbing), a coloro che rientrano nell’ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e a chi è stato inserito in una procedura di licenziamento collettivo.
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Il fatto che la legge preveda tra i requisiti fondamentali per l’accesso alla Naspi l’involontarietà dello stato di disoccupazione ha sollevato non pochi dubbi fino a che il Ministero del Lavoro non ha fornito un importante quanto decisivo chiarimento, specificando che la Naspi spetta anche a chi perda il lavoro per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa.
Questo perché, stando all’interpretazione del Ministero del Lavoro, il licenziamento costituisce comunque un atto unilaterale da parte del lavoro e quindi caratterizzato dall’arbitrarietà, anche nel caso in cui il licenziamento sia stato determinato da una condotta del dipendente.
Questo orientamento si deve in parte al fatto che la legge ritiene implicitamente che il datore di lavoro abbia una facilità nell’assumere un nuovo lavoratore superiore a quella che il lavoratore ha di trovare una nuova occupazione.
La condotta illecita del dipendente rileva soltanto ai fini contrattuali ma non inficia la possibilità di ottenere l’accesso alla Naspi perché manca una volontarietà da parte del lavoratore di perdere il lavoro come accade invece nel caso di dimissioni che non siano sorrette da una giusta causa, per le quali invece non è prevista alcuna forma di indennità di disoccupazione proprio perché il lavoratore dimostra di volere rinunciare al suo posto di lavoro.
Il lavoratore disoccupato, licenziato per giusta causa, per accedere alla Naspi deve presentare una domanda telematica all’Inps entro 68 giorni dalla chiusura del rapporto di lavoro.
Se il lavoratore presenta la domanda entro 8 giorni dalla chiusura del contratto l’indennità verrà corrisposta dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del contratto. Se la domanda viene presentata entro 38 giorni dal licenziamento per giusta causa la Naspi viene corrisposta dal 38° giorno successivo al licenziamento. Se, infine, viene presentata dopo 38 giorni ma entro il termine di legge dei 68 giorni l’indennità verrà corrisposta dal giorno successivo alla presentazione.
La Naspi viene concessa al lavoratore disoccupato per un numero massimo di settimane pari alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi quattro anni di lavoro.
L’importo dell’indennità viene erogato con cadenza mensile e varia in base del reddito medio percepito negli ultimi quattro anni. Generalmente è pari al 75% del reddito medio percepito negli ultimi quattro anni.
Di anno in anno vengono definite le eventuali modifiche e gli adeguamenti che riguardano la Naspi che non può mai superare un determinato importo fissato per legge.
Per chi trova un nuovo lavoro possono verificarsi diversi casi che vanno dall’interruzione dell’erogazione fino alla coesistenza, in forma ridotta, della Naspi con il reddito derivante dal nuovo lavoro subordinato entro soglie di reddito determinate dalla legge. L’indennità può tuttavia essere sospesa o decadere al verificarsi di condizioni o situazioni anche in questo caso previste dalla normativa vigente.
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