Esteso fino a metà agosto il divieto di licenziamento individuale e collettivo per ragioni economiche: il datore di lavoro potrà recedere solo per motivi disciplinari
Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, (cd. Decreto Rilancio) ha apportato diverse modifiche e introdotto specifiche disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo, confermando quanto previsto dal cd. Decreto Cura Italia, al fine di garantire continuità ai rapporti di lavoro nell’attuale fase di emergenza - ormai più economica che sanitaria - da COVID-19.
In particolare, l’art. 80 del Decreto Rilancio ha esteso fino a metà agosto la sospensione delle procedure di licenziamento individuale e collettivo legate a ragioni economiche conseguenti a crisi aziendali, riduzione o cessazione dell’attività produttiva, disposta dall’ art. 46 del Decreto Cura Italia (D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 convertito in l. n. 27 del 24 aprile 2020). Di conseguenza, dal 17 marzo - data di entrata in vigore del Decreto Cura Italia - al 17 agosto sono sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposte da tutte le aziende, indipendentemente dalla propria dimensione occupazionale.
L’art. 80 del Decreto Rilancio introduce una novità rispetto a quanto previsto dal complementare Decreto Cura Italia: il datore di lavoro, a prescindere dal numero dei dipendenti, ha la facoltà di revocare in ogni momento i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo disposti nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 17 marzo, anche oltre il termine normalmente stabilito di 15 giorni. Tale deroga è condizionata al fatto che l’azienda, contestualmente alla revoca, abbia fatto richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento.
La sospensione confermata nel Decreto Rilancio non opera con riferimento ai licenziamenti per motivi disciplinari, disposti per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, in seguito ad una condotta talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto tra datore e dipendente, minando il vincolo fiduciario posto a fondamento dello stesso.
Con riferimento ai licenziamenti individuali, l’art. 80 del Decreto Rilancio ha prorogato fino al 17 agosto il divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, secondo quanto previsto dall’art. 46, comma 1, D.L. n. 18/2020.
Il licenziamento intimato ai sensi dell’art. 3 l. n. 604/1966 è quello determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, la struttura aziendale, l'organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento. Infatti, la tutela relativa al diritto alla conservazione del posto di lavoro – oltre che per un inadempimento grave o notevole del dipendente – viene meno dinanzi ad esigenze tecnico-produttive e a scelte organizzative dell’impresa.
Quando incidono sul corretto funzionamento dell'organizzazione aziendale, anche situazioni e vicende personali dei lavoratori possono considerarsi giustificati motivi oggettivi di licenziamento: in caso di superamento del periodo di comporto o di sopravvenuta inidoneità, ad esempio, il dipendente può essere licenziato dal datore che abbia perso interesse alla sua prestazione lavorativa. Tuttavia, in assenza di specifiche disposizioni al riguardo, si ritiene che il divieto di licenziamento disposto dal Decreto Cura Italia e modificato dal Decreto Rilancio non trovi applicazione rispetto alle suddette fattispecie.
In ogni caso, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere comunicato in forma scritta e contenere l'indicazione delle ragioni poste alla base del provvedimento, dimostrando l’impossibilità di occupare il dipendente con altre mansioni - anche di grado inferiore rispetto a quelle svolte in precedenza – in virtù del cd. obbligo di repechage o ripescaggio. Qualora lo ritenga illegittimo, il lavoratore ha la facoltà di impugnare il provvedimento che dispone il licenziamento entro 60 giorni dalla comunicazione, pena la decadenza di tale diritto.
Alla luce delle novità introdotte dal Decreto Rilancio, si considerano sospese - sempre fino al 17 agosto 2020 - anche le procedure di conciliazione preventiva ex art. 7 l. n. 604/1966, in relazione a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo in atto.
Inoltre, il nuovo comma 1-bis dell’art. 46 D.L. n. 18/2010 consente al datore di lavoro di revocare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto nel periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020, procedendo al ripristino del rapporto di lavoro senza oneri né sanzioni. Tale facoltà, senza vincoli rispetto al numero dei dipendenti, è condizionata alla contestuale richiesta di cassa integrazione salariale dalla data in cui ha efficacia il licenziamento: in questo caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità.
L’attuale art. 46, comma 1, D.L. n. 18/2020, così come modificato dall’art. 80 del Decreto Rilancio, prevede che le procedure di licenziamento collettivo di cui agli artt. 4, 5 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223, non potranno essere avviate sino al 17 agosto 2020.
In particolare, costituiscono procedure di licenziamento collettivo quelle avviate dall’impresa ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale che non sia in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori, per l’eccedenza dovuta a motivi tecnici, organizzativi e produttivi. Inoltre, sono ricomprese anche le procedure avviate dall’impresa che, occupando più di 15 dipendenti e in conseguenza di una trasformazione o riduzione dell’attività lavorativa, intenda effettuare più di 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, all’interno di una o più unità produttive.
Ai sensi dell’art. 4, comma 2, l. n. 223/1991, le procedure di licenziamento collettivo si considerano avviate a partire dalla data di ricezione della comunicazione preventiva che il datore di lavoro è tenuto ad inviare per iscritto alle organizzazioni sindacali e alle rispettive associazioni di categoria.
L’art. 80 del Decreto Rilancio dispone la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo avviate successivamente al 23 febbraio fino al 17 agosto 2020, anche in relazione ai termini che caratterizzano le diverse fasi delle procedure in esame.
Tale sospensione non produce effetti rispetto alle procedure formalmente avviate sino al 23 febbraio, per le quali - in assenza di indicazioni contrarie nella norma - si potrà procedere con l’esame congiunto in sede amministrativa e sindacale, riconoscendo al datore di lavoro la facoltà di intimare tali licenziamenti.
La disciplina dei licenziamenti disposti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non viene ricompresa nell’ambito delle sospensioni disposte dal Decreto Cura Italia e - di conseguenza - integrate dal Decreto Rilancio. Il datore di lavoro può disporre il licenziamento per motivi disciplinari in seguito ad un comportamento colpevole o in mala fede del dipendente: in relazione alla maggiore o minore gravità della condotta tenuta, il licenziamento può essere intimato per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.
Il licenziamento per giusta causa è legato ad un comportamento in grado di minare il vincolo fiduciario su cui si fonda il rapporto di lavoro, impedendone la prosecuzione. All’interno di tale categoria di comportamenti rientrano il furto, la falsa malattia, la compromissione della sicurezza del datore di lavoro o degli altri colleghi ed altre condotte ritenute estremamente gravi. In questi casi, il licenziamento avviene in tronco, senza il periodo di preavviso e la relativa indennità.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo viene intimato in seguito ad comportamento meno grave di quelli precedentemente elencati, ma comunque idoneo a rappresentare un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, impedendo ugualmente la prosecuzione del rapporto. Tale licenziamento - a differenza di quello per giusta causa - viene disposto con un periodo di preavviso per il lavoratore, secondo il termine stabilito dai contratti collettivi nazionali, durante il quale il dipendente continua a lavorare ed è normalmente retribuito.
Il licenziamento disciplinare deve avere forma scritta e indicare le ragioni alla base del provvedimento, al fine di consentire al lavoratore di muovere le sue eventuali contestazioni, dalle quali potrà conseguire la conferma o la revoca del provvedimento.
Autore: Alessandro Pugno
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